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ITALIA:IL DRAMMA DEL CONFINE ORIENTALE

LA VENEZIA-GIULIA

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LA ROSA DELL'ISTRIA

L'8 settembre del 1943, dopo l'annuncio radio del Maresciallo Badoglio che dichiara la resa del paese agli Alleati,  l'esercito italiano è allo sbando.

La popolazione istriana resta priva di ogni difesa mentre il generale Tito e i suoi partigiani avanzano con mire di pulizia etnica per annettere il territorio istriano alla Jugoslavia, mentre i tedeschi si riorganizzano insieme alle milizie della Repubblica sociale.

La famiglia Braico, insieme ad altri compaesani, è costretta ad abbandonare per sempre la propria casa nell'Istria. Fuggono in maniera rocambolesca in treno e trovano rifugio presso gli zii in Friuli.

Ma i Braico, come tanti istriani, sono profughi e, in quanto tali, considerati stranieri nella propria terra e accusati di portar via ai locali lavoro e pane.

Oltre a ciò, gli esuli istriani, erroneamente, vengono considerati in Italia, come dei filofascisti, con conseguente  evidente diffidenza della popolazione locale nei loro confronti.

Spesso, dunque,  male accolti dalla popolazione e non adeguatamente tutelati dallo Stato (la vicenda dei risarcimenti è una ferita ancora aperta per molte famiglie), gli esuli hanno faticato, e non poco, a ricostruirsi una vita.

Dal 2004, i massacri delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata sono ricordati dal Giorno del ricordo, solennità civile nazionale italiana celebrata il 10 febbraio di ogni anno.

Insomma una tragedia nella tragedia vuole riemergere nelle nostre coscienze.

La Rosa dell’Istria è un tentativo – non sempre ben riuscito – di ricordarci quanto accaduto alla metà del Novecento in terra istriana. E lo fa prendendo liberamente spunto dal romanzo autobiografico Chi ha paura dell’uomo nero, scritto nel 2000 da Graziella Fiorentin.
RICORDIAMOCI   DI  TANTA SOFFERENZA:
« La memoria ha sempre senso. E quando tieni la memoria viva, devi anche capire se, nel frattempo, stai schiacciando altre memorie. Tutte le storie sono degne di essere raccontate e raccontarle non può che essere sano per l’attualità, perché la memoria ha a che fare con come viviamo adesso».

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